Il “valore” dello smalto sulle unghie


Sembrerebbe il titolo di un libro intrigante, invece è solo il tema di una riflessione un po’ particolare…

Qualche mese fa Matilde non si voleva più mettere i pantaloni; per andare all’asilo nido chiedeva sempre la “gonnellina”.

Pensavamo che fosse uno dei tanti capricci quando, parlando con le maestre, è venuto fuori che alcune mamme vestivano le bambine come super modelle pronte per la sfilata, ovviamente con la gonna: questo abbigliamento così lezioso creava una serie di complimenti a catena e le bimbe si sentivano già dive per cui le altre, come la mia, tendevano a chiedere perentoriamente la gonnellina.

Ora, è meglio che sorvoli sul contenuto dei miei pensieri, però questo è successo per cui mi sono dovuto adattare e, nella certezza che quando diventerà più grande potrò parlarci meglio e farmi (forse) capire, ho driblato ogni polemica.

Matilde ieri ha finito la frequenza dell’asilo nido, ormai il prossimo appuntamento è la scuola materna a settembre ma questo fine settimana c’è stato giusto il tempo di un piccolo scoop: domenica siamo andati al mare e guarda caso abbiamo trovato due amichette dell’asilo nido. Giocando con paletta e secchiello in riva al mare ancora gelido, ho visto che una delle due bimbe aveva lo smalto sulle unghie rosso fiammante.

Lo smalto sulle unghie! Si, anche questo è stato un tema “caldo”! Lo smalto colorato, metallizzato, luccicante.

L’istinto è stato quello di girarmi verso la madre e dirle “tana” (o meglio, “ma che cazzo fai”) però poi, per non fare la figura del solito rompicoglioni, mi sono trattenuto.

Ora, io non vorrei fare il bacchettone e neanche essere retrogrado, ma qualcuno mi vuole spiegare il valore “educativo” dello smalto rosso fiammante sulle unghie di una bambina di 2 anni e pochi mesi?

C’è un legame tra la gonnellina e lo smalto?

L’ambizione è un valore sempre positivo che va coltivato sin dall’infanzia o se preso a piccole dosi ed in età più adulta è forse meglio?

Tra tre mesi ci sarà un altro piccolo salto, la scuola materna…speriamo nel grembiule!


4 risposte a “Il “valore” dello smalto sulle unghie”

  1. dipende.
    Hai su questo argomento un atteggiamento tipicamente maschile che non guarda a molti sottilissimi risvolti psicologici
    e dandoti assolutamente ragione su alcuni atteggiamenti di alcune mamme ci tengo a esporti alcuni di questi risvolti
    in primo luogo: non guardare le cose da adulto, Mati non lo è non dà lo stesso significato che diamo noi a certe cose
    la gonnellina è un simbolo e come tale lo percepisce senza probabilmente tanti risvolti
    è simbolo di distinzione. è dire io non sono un maschio. è voler essere carine, è voler essere diverse dall’altro (il maschio). è ricerca della propria identità di genere. e questa è cosa buona e giusta. è ricerca di affermazione di una femminilità che sboccerà tra alcuni anni (meno di quanto faccia piacere a noi genitori). ed è una ricerca che richiede anni e impegno soprattutto in una società che cerca a tutti i costi (e a torto) un’omologazione. siamo tutti uguali? no, non lo siamo. e i bambini lo capiscono + di noi, ci sono i maschi e ci sono le femmine. lo smalto? alcume mamme sono completamente deficienti si sa, fanno finta di avere in casa delle piccole donne.sbagliato. sono bambine. Ma nello smalto puoi vederci anche un gioco. come le bambole. le bambole sono un gioco che prepara ad essere madri. lo smalto ad essere donne. se lo chiede non negarglielo. concediglielo. quello x bimbe, che si toglie in un nulla, assieme ad un giocattolo, per farle percepire che di gioco si tratta. ma non preoccuparti eccessivamente. tutto va dosato, tutto va limato, tutto va mediato, tutto va filtrato. è il difficile compito dei genitori. farli diventare uomini. e donne. in bocca al lupo

  2. Guarda io come potenziale futuro padre, non ho nulla in contrario che la mia ipotetica figlia, crescendo, con l’adolescenza, usi smalti o si trucchi, avrei qualche riserva sui tacchi a spillo, ma per motivi puramente ortopedici, preferire che venissero viste come belle e sexy scarpe più comode come ballerine mocassini, kitten heels o zeppe e tacchi grossi, (se vogliamo rimanere nell’ambito delle scarpe eleganti) quindi nessun moralismo. Non concordo su questo punto però con te, Artemisia, il discorso sulla gonna e sulla differenziazione sessuale e sull’identità “ed è una ricerca che richiede anni e impegno soprattutto in una società che cerca a tutti i costi (e a torto) un’omologazione. siamo tutti uguali? no, non lo siamo. e i bambini lo capiscono + di noi, ci sono i maschi e ci sono le femmine.”, lo so che tu vuoi essere contro l’omologazione dei generi, ma qui chi ha postato voleva proprio puntare il dito a sua volta contro un omologazione, quella per cui una femmina per essere tale e femminile e ricevere complimenti debba portare una gonna. Che ci siano maschi e femmine lo si capisce indipendentemente dalla gonna, tu insisti sull’identità ma a furia di marcare il confine si assimila quel concetto negativo e settario di diversita, “è simbolo di distinzione “è dire io non sono un maschio. è voler essere carine, è voler essere diverse dall’altro (il maschio).” e da qui che si intravede qualcosa che soprattutto in un bambino va oltre la coscienza di essere maschi o femmine e diventa voler dimostrare che non si è l’altro, da qui al velato disprezzo e alla diffidenza verso l’altro sesso il passo è breve, capisci. Io darei uno scappellotto se becco mio figlio dire “che schifo, roba da femminucce” davanti a cose che poco hanno a che fare col vestiario intendo. A furia di dire che si è diversi ci si separa se si carica l’identità con significati di appartenenza ad un club esclusivo, mi spiego? “Io sono femmina e parlo di cose da femmina gioco con cose da femmina non devo sembrare un maschio non devo mischiarmi con loro e viceversa.” un atteggiamento sociale invece di compenetrazione di apertura verso i sessi di critica verso gli stereotipi invece della loro assimilazione è ciò che più rispecchia la parte migliore dei bambini, il loro libero pensiero, l’anticonformismo, in questo caso di genere, non significa non potere mettere una gonna, sia chiaro, quando ero alle elementari bambini e bambine giocavano insieme e si passavano i giochi, avevamo un atteggiamento di apertura e di parità verso l’altro sesso.

  3. @Anto: Questione di punti di vista. Tutti degni dell’uguale considerazione. Un accordo su questo argomento dubito si troverà mai. Ma, da madre di tre figli (maschi e femmine), ti posso garantire che meno ci si mischia in queste cose è meglio è. Dosare, limare, mediare, mai intromettersi o restare fermi sulle proprie posizioni. Comunque, ai miei tempi non c’era nè un atteggiamento di parità e men che meno di apertura (e ho 46 anni non 400). I tempi odierni sotto questo aspetto li considero migliori dei miei

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